Perché un numero in continua crescita di italiani si
astiene dal voto? Perché l'uomo della strada manifesta sfiducia, disprezzo e
persino odio nei confronti dei politicanti? Perché il discorso dei membri del
parlamento è sempre più intonato al politichese e sempre più lontano dai
reali, urgenti problemi dell'uomo della strada? Perché i governanti
obbediscono servilmente alle continue intimazioni dei banchieri apolidi e dei
fantocci insediati a Bruxelles, piuttosto che soddisfare le legittime esigenze
del popolo italiano? Donde la sicumera e la spocchia di una categoria di
potenti, ricchi ma poveri di idee, ruggenti ma di eloquio sgangherato e
irritante, superbi ma di aspetto meschino e antipatico?
In altre
parole, come è possibile che gli eredi di Antonio
Gramsci e di De Gasperi si
riconoscano nel muggito collerico di una Rosy
Bindi, nelle zingarate abbaianti del sindaco di Firenze Matteo Renzi o nei serpentini sospiri
di Enrico Letta? E perché, nella
gora destra, gli eredi dei boccacceschi Guido e Buffalmacco e i nipoti
di personalità capaci di ironia e di dileggio, quali Pirandello, Marinetti,
Pitigrilli e Bottai, prestano ascolto, senza ridere e senza dar segno
d'imbarazzo, alla gracidante Carla
Meloni e/o al ringhiante Ignazio La Russa ?
Quale
disgraziato meccanismo ha prodotto una classe che riproduce le figure di un
umiliante e risibile bestiario?
Scartata
l'ipotesi che nel parlamento siano rappresentati il passato e il presente della
nazione italiana, si pone una domanda: è possibile che il bestiario sia
generato da uno strutturale difetto della macchina che produce la classe
politica?
I politicanti,
imperterriti, infatti, lanciano reciproci anatemi e producono autistici
sussurri davanti a un pubblico sempre più irritato, ma non sanno giustificare
razionalmente la legittimità del loro potere.
L'avversione
popolare ai protagonisti della commedia politica è segnale inconfondibile di un
malessere che ha sede nella radice assolutista della democrazia italiana. E'
chiara indicazione della causa profonda della disfunzione strutturale del sistema.
In altre
parole: è finalmente lecito ritenere che la costituzione della repubblica non
discende da quella perfetta, limpida, fonte della civile felicità, che è lodata
e adorata continuamente dalla classe politica e dai reggi coda festanti nelle
sedi dei giornali allineati e delle furenti reti televisive.
Chi rammenta la
storia della nascente repubblica sa che una costituzione conforme ai princìpi
viventi nella coscienza e nella storia del popolo italiano fu scritta da un
illustre filosofo giusnaturalista, Guido
Gonella, e bocciata da Alcide De
Gasperi perché giudicata non accettabile dagli alleati laici/atei della Dc.
Implacabile
critico della politologia hegeliana, Guido Gonella si era laureato in filosofia
nel 1928, discutendo una tesi sul pensiero di Charles Maurras e sulla critica
dell'individualismo. In seguito Gonella si laureò in giurisprudenza e fu
collaboratore di un insigne maestro quale Giorgio Del Vecchio.
Gli italiani
non rassegnati alla sistematica censura e falsificazione della memoria storica
sanno che la costituzione è stata concepita come alternativa al progetto di
Gonella, nel quale era contemplata la fedeltà ai principi del diritto naturale.
La vigente costituzione è il risultato di un
compromesso sottoscritto, contro l'opinione di Gonella, nel nome della laicità
e della timidezza. Un patto infelice, che introduceva nella costituzione un
errore generato dall'illuminismo, la sovranità popolare.
Ora il concetto di sovranità popolare, in quanto
attribuisce alla massa anonima il potere assoluto di decidere sulle leggi e
sulle finalità dello stato, è irriducibile alla dottrina politica della Chiesa
cattolica.
Scritta nel
cuore di ogni uomo, l’esigenza di fondare un ordine civile, infatti, “non
può avere altra origine che da un Dio personale, nostro Creatore” (Pio XII,
Radiomessaggio nel Natale del 1944).
Secondo l’insegnamento
di Pio XII “lo Stato non contiene in sé e non aduna meccanicamente in un
dato territorio un’agglomerazione amorfa di individui. Esso è, e deve essere in
realtà, l’unità organica e organizzatrice di un vero popolo”.
Prima della politica esistono le società, naturali, la
famiglia, le tribù i villaggi. Giorgio Del Vecchio ha dimostrato che lo stato è
un potere inteso al coordinamento di società pre-esistenti. Pertanto Pio XII
escluse tassativamente “la legittimità di uno stato democratico lasciato all’arbitrio
della massa”.
L’auspicato
movimento dei moderati non può avere altro inizio che la seria ricerca di una
percorribile via d’uscita dal vicolo cieco nel quale si agita la politica
conforme al mito della sovranità popolare. Mito che è in potenza capace di
giustificare e promuovere le perversioni e i delitti che hanno tormentato i
popoli soggetti all’assolutismo realizzato da Robespierre, da Stalin, da Hitler
e da Pol-pot.
La difficoltà
di un tale impegno critico non autorizza l’allineamento con il partito della
resa cattolica al mondo moderno. Obbliga tuttavia a respingere le facili
occasioni della protesta non sostenuta dalla critica filosofica e teologica e
non indirizzata a un serio progetto alternativo.
Il passaggio
dalla protesta alla proposta non è un abusato gioco di parole ma un obbligo
incombente sui cattolici che resistono alla potente tirannia dell’assurdo
ideologico e del malcostume.
P. V.
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